Interviste

Teatro casa mia

Questo articolo nasce da un’intervista fatta a  Aleksandros Memetaj, che ha scritto e interpretato lo spettacolo “Albania casa mia”. Le parole con cui ha risposto, dure da digerire, sono state del tutto confermate dallo spettacolo. Spettacolo che a parer mio è un dono verso la nostra generazione, e non solo per l’audacia incredibile dimostrata da quel piccolo corpo che, sul palco, raccontava una storia così enorme. E’ un dono soprattutto perchè è uno spettacolo emozionante, e l’emozione è palpabile nei silenzi, nell’attesa e nelle risate del pubblico, ma anche negli occhi dell’attore, inumiditi dagli applausi a fine serata. Anche mentre parla con noi gli occhi di Aleksandros si bagnano di lacrime, segno di quanto si senta convinto e coinvolto della sua carriera di artista.

Qual è la situazione in cui si trova un attore o drammaturgo giovane (come sei tu) all’interno dell’odierno panorama teatrale italiano? Cosa succede quando un giovane vuole farsi strada nel mondo del teatro?

“Succede che suda”, risponde lui.  “Si parte, si continua e si finisce col sudore. La figura dell’artista bohemien non esiste più. Se non ce la metti tutta c’è talmente tanta competizione che ti superano in mille. I tempi di produzione si sono molto ristretti, i soldi e gli investimenti pubblici che vengono dati per il lavoro si sono molto ristretti e i privati non hanno molte risorse. Questo porta a una grandissima scrematura artistica. Come te ce ne sono altri duecento, quindi il tuo lavoro deve essere la tua priorità, una passione viscerale, qualcosa che… muori se non lo fai. Altrimenti, fra quei duecento, ce ne saranno almeno sette con la passione che manca a te. In quello che è il mio percorso questo elemento ha giocato molto: io oggi ho ventisette anni, ho fatto più di centoventi repliche di questo spettacolo. Mio papà è un pizzaiolo, non un figlio d’arte…Sono qui perchè prendo questo lavoro con un estremo senso del sacrificio. Ci sono periodi dell’anno in cui non faccio altro che allenarmi, ci metto tutto il mio sudore. Ci vuole una dedizione altissima, e se non si ha una passione enorme prima o poi si cede. Indipendentemente da questo, anche quando hai l’impegno, il talento… anche avendo un vero e proprio dono, una vocazione verso questo mestiere, ci sono almeno tre o quattro fattori che penso di poter dire siano più importanti del talento e del valore del tuo lavoro: la raccomandazione, le amicizie, la frequentazione di eventi mondani…e avere culo. E il culo fa davvero tanto. Io non ho studiato in uno Stabile, non sono conosciuto all’interno di quel sistema. Sono contento che i ragazzi che escono da quelle scuole abbiano la loro possibilità, ma mi rattrista enormemente venire tagliato fuori.”

“Però io gli sguardi dei ragazzi, là fuori, li ho visti. Gli sguardi delle persone li vedo. In questo mestiere ci metto tutto me stesso, e mi fa arrabbiare da morire vedere che le persone apprezzano il mio lavoro, mentre le istituzioni mi chiudono le porte in faccia. Le occasioni più belle che mi possono capitare arrivano quando qualcuno dice: <<alla fine, il lavoro di questo ragazzo vale, lo programmo lo stesso, un posto glielo trovo>>. Dove le programmazioni vengono fatte pensando solo ai soldi, lì viene abbattuto il teatro, perché vengono offerti spettacoli che allontanano il pubblico dall’ambiente.Ma sono davvero, davvero convinto che si possono mettere fra le ruote tutti i bastoni del mondo, ma l’arte, se è arte, prima o poi vince.  “

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